Empatia e Memoria Storica

by Elisabetta Mohwinckel

Luogo: Como
Data: Aprile 2019

Empatia e Memoria Storica

Dal giorno in cui Momo, l’orsetto, entrò nella nostra casa cominciò un cammino lungo e speciale che solo vivendolo mi accorsi dell’importanza che stava acquisendo, non tanto l’orsetto quanto i momenti passati con lui e con i miei bambini.

La vita quotidiana teneva mamma e bimbi lontani ma al rientro a casa si continuava l’esperienza lasciata al mattino. L’esperienza di cui parlo è il tempo vissuto insieme. E’ il tempo speciale all’interno del cuore “casa”, all’interno delle nostre abitudini, dei nostri rituali, dei nostri giochi, del nostro lessico.

La casa è un ambiente accogliente e sicuro, un luogo a misura di chi vive al suo interno, un luogo in cui il tempo a volte si può fermare. La casa è il luogo dove ci si può lasciare andare, si può togliere la maschera e vivere emozioni e sentimenti unici perchè legati da un affetto profondo e dalla consapevolezza che lì si è ascoltati, compresi e creduti.

Momo interpretò la parte di protagonista per quanto riguarda la lingua inglese.

Ogni sera la bambina piccola chiedeva che le facessi lo “spettacolino”.

Momo saltava sul letto e parlando inglese faceva scherzi e scherzetti, salterellava e s’infilava sotto le coperte, leggeva storie e faceva domande “silly”. Carlotta spalancava gli occhi, lo adorava, adorava la sua mamma che le dedicava del tempo. Carlotta si rivolgeva a lui e gli rispondeva in inglese con divertimento e disinvoltura.

Ecco cosa fu necessario per creare la più bella scuola di inglese della città:

“MOMENTI SPECIALI”

“UNA CASA”

Il tempo con Momo è speciale per i bambini, è tempo di gioco, è tempo di attenzioni, è tempo di apprendimento, è un tempo affettivo che rimarrà per sempre nella loro memoria storica.

L’albero di Momo è una realtà che ho creato e continuo a differenziare per la sua speciale filosofia, per i suoi principi educativi, per le sue priorità e il suo stile di vita.

Questa filosofia o stile di vita Momo è quanto maggiormente ci differenzia da un’altra scuola di inglese, da un altro spazio educativo, da altri momenti di condivisione con bambini e genitori.

La grande passione con la quale ho fatto grandi e piccoli progetti ha permesso a L’albero di Momo di ottenere riconoscimenti e popolarità. Il metodo è assolutamente funzionale all’obiettivo ma l’amore e il cuore che mi guida con professionalità è alla base del successo.

EMPATIA E MEMORIA STORICA

Il signor Cesare era molto abitudinario. Ogni domenica si alzava tardi, girellava per la casa in pigiama e alle undici si radeva la barba, lasciando aperta la porta del bagno.
Quello era il momento atteso da Francesco, che aveva solo sei anni, ma mostrava già molta inclinazione per la medicina.
Francesco, infatti, prendeva il pacchetto del cotone idrofilo, la bottiglietta del disinfettante, la busta dei cerotti, entrava in bagno e si sedeva sullo sgabello ad aspettare.
“Che c’è?” domandava il signor Cesare, insaponandosi la faccia con la schiuma da barba.
Francesco si torceva sul seggiolino, senza rispondere. “Dunque?”. “Beh”, diceva Francesco, “Può darsi che tu ti tagli. Allora io farò la medicazione”. “Già!” diceva il signor Cesare. “Ma non tagliarti apposta come domenica scorsa” diceva Francesco severamente, “altrimenti non vale”.
“Sicuro!” diceva il signor Cesare. Ma a tagliarsi senza farlo apposta non ci riusciva. Tentava di sbagliare senza volerlo, ma era difficile e quasi impossibile. Faceva di tutto per essere disattento, ma non poteva. Finalmente, qui o là, il taglietto arrivava e Francesco poteva entrare in azione. Asciugava la goccia di sangue, disinfettava, attaccava il cerotto.
Così ogni domenica il signor Cesare regalava una goccia di sangue a suo figlio e Francesco era sempre più convinto di avere un padre distratto. Da (“Favole al telefono” G.Rodari)

Un profumo, una canzone, un gusto, tutto può far ritornare un ricordo dal nostro inconscio…

Tutti noi abbiamo ricordi, alcuni più profondi altri più vicini alla memoria. Il ricordo, spesso familiare ed infantile, porta con sé un senso di unicità del sé, di appartenenza ad una famiglia. Il fatto stesso di avere un passato e di poterlo condividere con chi ci è caro, attraverso un lessico familiare, un’abitudine familiare, colori e momenti condivisi in un ambiente ricco di affetto, dona a tutti noi forza e ricchezza di sentimenti.

Un giorno un bambino a scuola venne rimproverato dalla maestra perchè chiamò un suo compagno “sacco di pulci”. Comprendo che questo non sia carino, ma un piccolo approfondimento, prima di una sgridata che azzittì il bambino, mi sembra dovuto. I bambini, al mattino, nel momento in cui lasciano la famiglia, la casa, la mamma, portano con loro un vissuto, una certezza di affetto e unicità. Il loro modo di muoversi, il loro lessico è un bagaglio di cui loro si fidano, perchè arriva da mamma e papà, e di mamma e papà si fidano. E’ certo che “sacco di pulci” è un “dire” nato in famiglia, accettato e riconosciuto, fa parte di quel lessico familiare tanto indiscutibile per il bambino. Il riprenderlo in classe senza un approfondimento lo trovo una triste crudeltà.

Ho un album di disegni fatti dai bambini della mia scuola di Inglese con il titolo “Cos’è per te imparare l’inglese?”. E’ commovente guardare i disegni e scoprire che, in ognuno di essi, è presente un oggetto affettivo, l’orsetto Momo, la mia borsa on Alice Cascherina, la mia moto, la casetta di Momo sulla cima della montagna, il materiale con cui si gioca con Momo, la Betta per mano ad un bambino.

Questo è ciò che i bambini vogliono ricordare perchè questo ricordo ha una storia, è ricco di affetto.

Fin dalla prima infanzia ogni situazione che viviamo la commentiamo interiormente. La nostra prima reazione innata, dopo un avvenimento, è di trasformare l’emozione percepita in pensiero interiore (irrazionale) che ci permette di valutare se quell’emozione provata può essere assimilata come negativa, quindi da non dover più riviere, o positiva, ricercando così di ritrovarla ulteriormente, senza reprimere la sensazione, ma facendola propria, diventando così un ricordo che noi interpretiamo in prima persona ogni volta che è richiamato alla memoria.

Il ricordo in sé stimola il richiamo dell’emozione vissuta in quel momento, facendoci rivivere il sentimento che si è creato in quel preciso istante. È questa la memoria storica che ci differenzia. Ognuno di noi ha ricordi, emozioni e sentimenti, ma quel che ci caratterizza di più sono i nostri vissuti, ed è fin dalla prima infanzia che iniziamo inconsciamente ad assimilare queste circostanze.

Molte volte gli insegnanti non comprendono il comportamento di un bambino, non vanno a fondo, non vanno alla ricerca di cosa può scaturire un’ostinazione o un’aggressione che apparentemente risulta senza fondamenti.

C’è sempre un motivo.

Il ricorrere di situazioni negative può stimolare un rifiuto istantaneo, irrazionale, quasi istintivo nei confronti della situazione che richiama in noi un ricordo negativo. Per questo è necessario fornire ai bambini una ricorrenza di situazioni positive, le quali saranno immagazzinate nella memoria e che riemergeranno ogni volta che la situazione stessa, o simile, si ripresenta.

La memoria storica è uno strumento molto potente, l’adulto deve riuscire ad accedervi, stimolando quelle emozioni profonde e positive.

L’insegnamento è questo, far vivere al bambino momenti emozionalmente ricchi, la ricorrenza di situazioni belle, naturali e stimolanti fanno in modo che il ricordo sia positivo, e di conseguenza il bambino, crescendo, sentirà nel suo inconscio che quelle situazioni hanno scaturito in lui un pensiero positivo, e riviverle non potrà far altro che farlo stare bene.lo farà stare molto bene.

Per far sì che un’informazione linguistica sia interiorizzata in modo permanente nel cervello di una persona, essa deve raggiungerlo in modo naturale. Questo significa che il genitore/educatore deve fornire al proprio bambino, input chiaramente comprensibili, ridondanti e supportati da informazioni extralinguistiche come oggetti reali, illustrazioni, suoni, gesti, espressioni facciali, azioni fisiche etc. che lo aiutino a formulare ipotesi sul significato dell’input.
Per il genitore/educatore è fondamentale tenere in primo piano lo stato emotivo di chi acquisisce la lingua (il “cuore”). Se il bambino si trova in uno stato di ansia, di paura o d’imbarazzo, alzerà una barriera (affective filter) che impedirà alle informazioni a lui rivolte di trasformarsi in acquisizione e perciò di fissarsi nella memoria a lungo termine.
Un’altra condizione importante per mettere in moto il processo di acquisizione è che l’input fornito non solo deve essere comprensibile, ma deve anche contenere strutture solo leggermente superiori al livello di conoscenza della lingua che chi apprende possiede in quel dato momento.

Lo studioso Krashen diceva: “La strada più diretta e sicura è quella del cuore”.

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